Tra le eccellenze gastronomiche della Campania, e in particolare dell’Irpinia, c’è un prodotto che racchiude in sé storia, tradizione pastorale e biodiversità: l’Agnello di Carmasciano. Inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione Campania, questo agnello rappresenta una delle carni ovine più pregiate d’Italia, frutto di un territorio unico e di una cultura contadina che resiste al tempo.
Un agnello “vulcanico”
L’Agnello di Carmasciano prende il nome dalla piccola frazione di Carmasciano, nel comune di Guardia Lombardi, in provincia di Avellino. Questa zona fa parte dell’Alta Irpinia ed è caratterizzata da una forte attività vulcanica secondaria, visibile nella presenza della cosiddetta mofeta, una sorgente di gas naturali a base di anidride carbonica e zolfo che si sprigiona dal terreno.
È proprio questo fenomeno naturale a rendere unico il foraggio e le erbe dei pascoli su cui vengono allevate le pecore di razza autoctona Laticauda — da cui nasce non solo il celebre Pecorino di Carmasciano, ma anche l’agnello che ne deriva. Le pecore si nutrono infatti di erbe ricche di composti aromatici e minerali che conferiscono alle carni un sapore inconfondibile.
Caratteristiche dell’Agnello di Carmasciano
L’Agnello di Carmasciano PAT si distingue per diverse peculiarità legate al sistema di allevamento e all’alimentazione. Gli animali vengono allevati in modo semi-brado o brado, nel rispetto del ciclo naturale delle stagioni, e sono alimentati con foraggi spontanei, fieno locale e, nei primi mesi, con latte materno.
Questo tipo di allevamento garantisce una carne tenera, profumata, con un contenuto equilibrato di grassi e un gusto pieno ma non invadente. A livello sensoriale, la carne presenta una tessitura fine, un colore rosa chiaro e un’aromaticità che richiama i profumi dei pascoli irpini.
Tradizione e ciclo della transumanza
L’allevamento ovino nella zona di Carmasciano ha origini antichissime, legate alla transumanza: i pastori spostavano le greggi dalle zone montane ai pascoli collinari invernali e viceversa, seguendo i ritmi della natura. Questo modello agro-pastorale, oggi riconosciuto anche come Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, ha modellato il paesaggio, la cultura e l’economia locale.
L’agnello veniva tradizionalmente macellato durante il periodo pasquale, quando le carni erano più tenere, ed era protagonista di ricette rituali, spesso legate alle festività religiose. Ancora oggi, nelle famiglie irpine, l’Agnello di Carmasciano è protagonista delle tavole pasquali, preparato al forno con patate, in umido con i carciofi o alla brace.
Un presidio da tutelare
La produzione dell’Agnello di Carmasciano è limitata a pochi comuni: Guardia Lombardi, Rocca San Felice, Villamaina, Frigento, Sturno e Sant’Angelo dei Lombardi. Si tratta di un prodotto di nicchia, ma di altissima qualità, spesso difficile da reperire al di fuori del suo territorio d’origine.
Il riconoscimento come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) ha l’obiettivo di tutelare e valorizzare questa eccellenza, promuovendo pratiche di allevamento sostenibili e contrastando la scomparsa delle razze ovine autoctone come la Laticauda, sempre più minacciata dalla standardizzazione agricola.
Come gustarlo
L’Agnello di Carmasciano si presta a numerose preparazioni tradizionali, molte delle quali tipiche dell’Alta Irpinia. Tra le ricette più apprezzate c’è l’agnello al forno con patate, condito con olio extravergine della Valle dell’Ufita, rosmarino, aglio e sale, cotto lentamente per esaltarne i profumi. Un’altra variante è l’agnello alla cacciatora, brasato con vino bianco, mentuccia e cipolla ramata di Montoro.
Chi ha la fortuna di gustarlo nei ristoranti tipici locali o durante le sagre primaverili, sa riconoscere al primo assaggio la differenza: una carne che racconta il territorio, che parla di pietre vulcaniche, vento d’altura, pascoli odorosi e mani sapienti.
L’Agnello di Carmasciano non è solo un prodotto gastronomico, ma un simbolo identitario di un’Irpinia ancora legata alle sue radici, alla pastorizia, al tempo lento della natura. Sostenere questo tipo di produzioni significa salvaguardare un patrimonio culturale e ambientale preziosissimo, fatto di biodiversità, saperi antichi e gusto autentico. Una scelta che fa bene al palato, ma anche alla terra.
Pagina aggiornata il 28/03/2025